Con ordinanza 33193 del 10.11.2022 la Corte di Cassazione  ha precisato scaturire il diritto al compenso dal contratto di mandato professionale, che non esige la forma scritta ribadendo che l'onerosità è un elemento normale nei contratti di lavoro autonomo, essendo sufficiente per il professionista provare il conferimento dell'incarico e il suo adempimento ai fini del compenso.
La Suprema Corte rammenta che l'art. 2233 c.c. prevede, in carenza di specifico accordo, o in mancanza di tariffe o usi di settore, spettare al giudice l’esatta determinazione del compenso.Â
Di conseguenza risulta corretto applicare, nel caso di attività professionale svolta dall’avvocato a favore di un cliente avente conferito mandato, il compenso secondo parametri stabiliti all'art. 4 del DM n. 55/2014.
Facoltativa e non obbligatoria, peraltro, la richiesta del parere al Consiglio dell'Ordine in merito alla congruità della parcella, essendo tale parere obbligatorio solo quando il professionista presenta ricorso ingiuntivo per ottenere il pagamento del suo compenso e questo non è stato determinato in base alle tariffe fisse o se, anche se esistenti, non siano vincolanti.
Secondi gli Ermellini "Ne consegue che il predetto parere è necessario solo quando oggetto di liquidazione siano attività non rientranti nelle previsioni della tariffa professionale, per le quali la liquidazione debba avvenire ad opera del giudice."
Conseguenza diretta della mancata preventiva determinazione e stipula formale dei compensi tra avvocato e mandante, in base alle norme richiamate e al principio espresso dalla Cassazione in materia, è la relativa corretta determinazione in base alle tariffe forensi e, in caso di sopravvenuta contestazione, la rimessione della relativa congruità e determinazione al giudice di merito.